IL MASSACRO DI QU'VAT: PROLOGO (T)

Diario del Capitano, data stellare 51247.5. Il Comando della Flotta Stellare ha dato ordine all’Europa di pattugliare un settore di spazio nei pressi del confine con l’Unione Cardassiana, a pochi anni luce da Deep Space 9. Con il rientro dell’Impero Klingon all’interno degli Accordi di Khitomer, la Federazione ha concesso all’Alto Cancelliere Gowron di posizionare alcuni avamposti lungo tutto il confine con la zona demilitarizzata Cardassiana…

Gli incarichi di pattugliamento, assieme a quelli di scorta di convogli di civili o risorse di prima necessità, erano quanto di più noioso si potesse assegnare a una nave stellare, nonostante fossero qualcosa di fondamentale, soprattutto se ci si trovava in tempo di guerra.
Gli scontri perduravano, sanguinosi, ormai da quasi due anni, andando a colpire diversi obiettivi, non tutti militari, e iniziando a portare al limite le risorse disponibili: alcuni pianeti avevano visto la distruzione di buona parte delle proprie città e dei propri insediamenti rurali in seguito a feroci bombardamenti provenienti dall’orbita e da conseguenti invasioni ‘terrestri’ delle truppe Jem’Hadar e dei loro alleati.
E proprio nello schieramento avversario era possibile trovare i Cardassiani, con i quali la Federazione aveva siglato, nel 2367, un armistizio e, nel 2370, un patto di non aggressione, con la conseguente istituzione di una zona demilitarizzata presso la quale, quattro anni dopo, alcuni vascelli federali erano stati dispiegati con incarichi di pattugliamento e i Klingon avevano posto alcuni avamposti di controllo.

I Klingon, croce e delizia per la Federazione: c’era stato un tempo, all’epoca di Kirk e delle prime esplorazioni spaziali, in cui la Federazione e i Klingon erano stati costantemente impegnati in una sorta di guerra fredda fino a quando, nel 2293, non si era stati finalmente in grado di sedersi a tavolino e stipulare un trattato di pace tra le due potenze, passato agli annali con il nome di Accordi di Khitomer.
Accordi dai quali i Klingon avevano deciso di ritirarsi unilateralmente nel 2372, quando il Consiglio della Federazione aveva condannato ufficialmente l’invasione dell’Unione Cardassiana condotta dall’Alto Cancelliere Gowron. L’anno successivo, nel 2373, dietro diretta richiesta del Capitano Benjamin Sisko, Gowron aveva ripristinato il trattato tra le due potenze quando l’alleanza tra le forze del Dominio e quelle dell’Unione Cardassiana aveva minacciato di gettare il Quadrante Alfa in guerra. Una guerra che, ora, si stava combattendo piuttosto sanguinosamente su più fronti.
Indubbiamente, quindi, non si stava vivendo un periodo roseo e il dopo, con molta probabilità, sarebbe stato ancora più preoccupante, soprattutto se, chiaramente, si andavano a considerare tutti quei mondi che avrebbero avuto necessità di una sostanziale ricostruzione o di un’imponente opera di supporto e assistenza a coloro che ne avrebbero avuto più bisogno.

Analizzando con attenzione i rapporti del settore, si poteva notare come le ultime settimane fossero state fin troppo tranquille per la zona in cui l’Europa, in quel periodo, si trovava: come detto, la zona demilitarizzata era stata un’invenzione tutto sommato recente, comportante non poche problematiche, tra le quali la nascita di un gruppo di terroristi, conosciuto come Maquis, scioltosi nel 2373 in seguito a un attacco mirato da parte del Dominio e dei Jem’Hadar, per conto dei Cardassiani. Era ormai accaduto diversi mesi prima, ma ora la quiete che si percepiva sembrava preannunciare una tempesta, di cui non si conosceva la portata, in arrivo, pronta a riversarsi su tutti coloro che avrebbe incontrato sul suo cammino.
Erano questi i pensieri che affollavano la mente di Leeda Sevek, primo ufficiale a bordo dell’Europa da quasi due anni, dopo il preventivo rientro dalla missione di esplorazione del Quadrante Gamma e la partenza di R’Mau, il precedente ufficiale esecutivo, per la presa di comando della Leonidas, uno dei nuovi vascelli di classe Ares studiati dallo S.C.E. nell’ottica di dotare la Federazione di più potenti navi da battaglia, nel caso si presentasse nuovamente l’occasione di difendersi da assalti esterni.

Al suo arrivo in plancia niente sembrava disturbare il ronzio di sottofondo delle apparecchiature attive. La maggior parte delle postazioni del ponte di comando erano occupate da almeno un ufficiale o sottufficiale, con il Tenente Rebim e il Tenente Ferrari rispettivamente alle postazioni del timone e delle operazioni. Al tattico si trovava un ufficiale junior, appartenente al complemento sicurezza al comando del Tenente Comandante Moq, il quale, a sua volta, era accomodato sulla poltrona del Capitano, a supervisionare la pacata attività della plancia del primo mattino.
«Comandante,» lo salutò, con semplicità, Sevek, «ha qualcosa da riportare dal turno notturno?»
«No, signore,» gli rispose il Klingon, alzandosi e lasciandogli la postazione, «niente da riportare. Con il suo permesso,» aggiunse, «io mi ritirerei dal servizio.»
«Permesso accordato, Comandante,» annuì Sevek, «lei è di riposo. Ci vediamo domani, all’inizio del turno Alpha.» Con questo, il Klingon si diresse verso il turboascensore che gli avrebbe permesso di raggiungere gli alloggi degli ufficiali direttamente dalla plancia, mentre il primo ufficiale bajoriano si accomodava sulla poltrona del Capitano prima occupata da Moq.

Non era strano che il Capitano T’Vok, ufficiale comandante dell’Europa, non fosse presente in plancia con l’inizio del turno Alpha, negli ultimi tempi: coordinare costantemente le forze di pattuglia e quelle impiegate negli scontri comportava continui briefing e debriefing, necessari per poter essere sempre aggiornati e intervenire se e quando la situazione lo rendeva possibile - quel mattino, molto probabilmente, era stata risucchiata dai numerosi rapporti che, ormai da settimane, sembravano impilarsi inesorabilmente sulla sua scrivania.
«Tenente, quali sono la nostra rotta e velocità?» Sevek chiese al timoniere, la quale rispose prontamente con un «Uno otto cinque punto zero tre zero, velocità di curvatura 3, signore.» Annuendo, il primo ufficiale chiese se ci fossero anomalie da riportare, ma Ferrari, alla postazione operativa, scosse la testa: «Al momento, Comandante, niente da riportare: là fuori sembra essere tutto tranquillo.»
«Molto bene, Tenente,» rispose Sevek, «manteniamo rotta e velocità.»
«Sissignore,» rispose Rebim. Alla postazione tattica, l’ufficiale di servizio impostò la condivisione del pannello di controllo delle operazioni, Ferrari convalidò la cosa dalla propria postazione di fronte alla plancia, pensando tra sé e sé che l’ufficiale si stesse iniziando ad annoiare e che, quindi, si andasse a rifugiare nelle procedure di routine. Niente di male… era comunque la procedura standard.

*

Terminato il turno Alpha, qualche ora dopo, Ferrari si trovava seduta a un tavolino del bar di prora a sorseggiare un soft drink mentre scorreva con lo sguardo un PADD, contenente la corrispondenza della nottata. Da quando  aveva riallacciato i rapporti con la propria famiglia - in un primo tempo, la famiglia non era stata particolarmente d’accordo con la sua scelta di seguire un percorso militare, per la sua formazione e la sua carriera - si sentivano regolarmente, sebbene non sempre fosse possibile interagire in tempo reale.
E proprio con l’ultimo flusso di dati, erano arrivate loro nuove: il padre, un ingegnere civile che collaborava ad alcuni progetti militari, offerti dalla Flotta Stellare, era finalmente tornato sulla Terra, dopo diversi mesi passati a coordinare un team di tecnici per sviluppare nuovi armamenti di difesa interplanetaria; la madre, docente di una prestigiosa università, era finalmente rientrata in servizio dopo un periodo sabbatico dedicato a fare ricerche sul campo della matematica quantistica.

Notizie dal fronte arrivavano per tramite dell’FNS, il Federation News Service, il che implicava che entrambi avessero una vaghissima idea di cosa stesse accadendo nell’universo e della guerra in corso con il Dominio. Più di una volta, soprattutto nell’ultimo periodo, avevano insistito affinché la figlia chiedesse di venire trasferita altrove, vedendo di malagrazia la sua promozione e la conseguente scalata della gerarchia presente all’interno dell’Europa. Anche in quest’ultima missiva, i due non avevano potuto mancare di rimarcare tale concetto, convinti che la vita di un ufficiale a bordo di una base stellare o di stanza su un pianeta fosse molto meno pericolosa rispetto a quella vissuta su una nave spaziale.
Considerate le informazioni provenienti da Deep Space 9 - Ferrari era rimasta in contatto con alcuni residenti della stazione cardassiana, da diversi anni in mano a una forza congiunta di Federali e Bajoriani - la vita a bordo sembrava essere interessante quasi quanto quella a bordo dell’Europa o di una qualsiasi altra nave in missione nello spazio profondo.

Giusto dalla corrispondenza proveniente dalla base spaziale, una cosa in particolare colpì l’attenzione della donna: la Dottoressa Lenara Kahn e il Tenente Comandante Jadzia Dax si rammaricavano del fatto che il Tenente Eva Ferrari non sarebbe stata presente al loro prossimo matrimonio. La partecipazione era pervenuta con buon anticipo, e nulla sembrava impedire all’umana di parteciparvi, considerando come l’Europa si trovasse a pochi parsec di distanza e, da quanto diceva Ferrari, il periodo era abbastanza sotto tono e non pareva esserci qualcosa di particolare da fare, se non continuare a pattugliare vari settori sul confine Cardassiano. Eppure gli stringenti ordini del Comando di Flotta avevano impedito al Tenente anche solo di spostarsi con una navetta dall’Europa alla base, pertanto aveva dovuto declinare l’invito.

La donna si stava apprestando a inviare delle ulteriori felicitazioni alla coppia che, se ben ricordava, doveva convolare a nozze proprio in quelle ore, momentaneamente dimentica della missiva da parte dei genitori, quando improvvisamente le luci si abbassarono, l’intermittenza rossastra della condizione di allarme rosso iniziò a pulsare anche nel bar di prora e, all’interfono, riecheggiò la voce dell’ufficiale al comando del turno Beta che, con un tono di apprensione per lui inusuale, richiamava gli ufficiali di plancia alle proprie postazioni, compresi il Capitano e il Primo Ufficiale.
Abbandonando il PADD sul tavolo che aveva occupato fino a quel momento, Ferrari si precipitò in gran fretta verso l’uscita del locale, chiedendosi cosa diamine stesse accadendo da portare a un allarme rosso e a una tale ansia da parte del collega, un individuo normalmente composto e difficilmente influenzabile dalla situazione, qualunque essa fosse.

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