CAPITOLO III - IL SILENZIO DEI PROFETI

Per qualche interminabile istante, le due Trill si fronteggiarono senza pronunciare una parola, limitandosi a studiarsi l’un l’altra. Inevitabilmente, molto era cambiato nei quasi tre anni in cui erano rimaste lontane, non da ultimi il matrimonio di Jadzia con Worf, l’escalation degli scontri contro il Dominio e, più recentemente, l’attacco a sorpresa di Gul Dukat, il rimanere in bilico tra la vita e la morte, il sopravvivere, il divorzio.
Da parte sua, anche la Dottoressa Kahn aveva avuto il suo bel daffare in quel periodo: ritornata su Trillius Prime dopo la parentesi su Deep Space 9 con i propri colleghi, aveva continuato le proprie ricerche in merito ai wormhole artificiali grazie al supporto dell’Istituto delle Scienze, con il quale collaborava anche il fratello Bejal. Innegabilmente i progressi erano stati innumerevoli, ma a sentir parlare i colleghi e lo stesso fratello, pareva che la donna si fosse sempre di più richiusa in sé stessa e nessuno pareva davvero capirne la causa, se non forse lo stesso Bejal.

«Lenara, cosa ci fai qua?» Jadzia sembrava aver finalmente recuperato l’uso della parola e, dopo aver preso metaforicamente un profondo respiro, aveva trovato il coraggio di fare il primo passo per rompere il ghiaccio. Non aveva la benché minima idea di cosa Lenara ci facesse lì, o di come avesse saputo del suo arrivo e da chi sarebbe andata ad alloggiare (per quanto la scelta di andare nella propria casa d’infanzia poteva essere quella più logica).

L’altra scienziata si prese qualche istante in più prima di rispondere, studiando ancora un attimo l’ufficiale davanti a lei, cercando di comprendere i cambiamenti che avevano interessato la donna in quell’ultimo triennio, cercando di capire chi Jadzia fosse davvero diventata, in che modo le ultime vicende l’avessero trasformata.
Quando alla fine rispose, la voce le uscì un po’ a fatica, quasi come se non fosse più tanto abituata a impiegare le corde vocali: «Avevo bisogno di vederti, per assicurarmi che stessi bene. Davvero bene. Sono circolate voci…»

Jadzia non riuscì a trattenersi oltre, facendo istintivamente un ulteriore passo in avanti con l’intenzione di stringere a sé Lenara, la quale però, capendo le sue intenzioni, fece a sua volta un passo indietro, mantenendo la distanza rispetto all’altra donna, la quale si fermò sui suoi passi, un po’ ferita.
«Non farlo,» le ingiunse Lenara, «non abbracciarmi come se io fossi la persona più importante per te, quando sappiamo entrambe che non è così.»

«Lenara,» sussurrò Jadzia con le lacrime agli occhi e non comprendendo appieno quanto l’altra le stava dicendo, «ma cosa…?»
L’altra Trill scosse il capo, la tensione che ancora riverberava dal suo corpo: «Quando ho lasciato DS9, tu hai fatto di tutto per convincermi a rimanere con te, professando tutto il tuo amore per me… Ora, non dico di aver sperato che tu mi rincorressi su Trill, ma sì che a un certo punto ho desiderato con tutta me stessa che tu l’avessi fatto, per dimostrare a mio fratello che l’amore che provavo per te era ben riposto. Che lui aveva torto, che non era solo un’infatuazione dovuta ai ricordi custoditi dai nostri simbionti!»

«Lenara, non potevo saperlo. Ho passato mesi a piangere la tua partenza. Le tue parole sono sembrate così… definitive…» Jadzia non poteva credere a quanto stava sentendo: davvero Lenara le stava dicendo quello che pensava le stesse dicendo?
«Avevo paura, Jadzia! Paura di perdere una vita di studi, la mia carriera, il mio pianeta natale,» ritorse Lenara, continuando a rimanerle a distanza.
«E hai preferito perdere me.» C’era un tono d’accusa nelle parole che Jadzia pronunciò, spalle leggermente incurvate, sguardo addolorato e incapace di guardare l’altra donna negli occhi.

«Ho scelto la strada più semplice, ma quando mi ero finalmente convinta a tornare da te… c’era Worf al tuo fianco…» Lenara non sembrava assolutamente in vena di perdonarle la decisione che aveva preso qualche mese prima, quando aveva accettato (erroneamente) la proposta di matrimonio del Tenente Comandante Worf.
«Oh no…» sussurrò Jadzia, la quale avrebbe anche continuato a parlare se Lenara non avesse aggiunto, facendo poi gesto di andarsene: «Tu eri andata avanti, ed io ero rimasta intrappolata nel mio amore per te. Sono venuta solo per vederti. Non pretendo più nulla da te.»

«Lenara aspetta!» Jadzia coprì velocemente la distanza che la separava dall’altra donna, afferrandola per le spalle e trattenendola, facendola girare verso di sé: «Ti prego, guardami! So di aver sbagliato tutto, mi rendo conto di aver lasciato che Dax mi influenzasse. Ero debole anche io, avevo un vuoto da colmare e ho scelto la via più semplice e ho sbagliato. Ma io, Jadzia, non Dax e non Torias, sono innamorata di te. Lo ero prima e lo sono adesso. Dax mi stava proteggendo usando le sue esperienze, e mi sono lasciata influenzare perché ero ferita, ma quando Dax ed io siamo stati separati i miei sentimenti sono riemersi e ho potuto riprendere il controllo.»
Molto dolcemente, Dax costrinse Lenara ad alzare il capo e a guardarla negli occhi: «Sono venuta su Trill per te, Lenara. Per vederti, perché voglio tutto da te…»

*

Su Deep Space 9, per una volta, sembrava essere calata la tranquillità. La notizia dell’apparente collasso del Tempio Celeste aveva messo in fermento tutti i Bajoriani presenti sulla stazione e sul pianeta a poche migliaia di chilometri dalla base, portando a un via vai di navi trasporto per permettere ai Vedek e ai pellegrini di incontrarsi con l’Emissario.

Benjamin Sisko, Emissario dei Profeti e Ufficiale Comandante di DS9 ormai da più di un lustro, si trovava seduto alla scrivania del suo ufficio, le spalle rivolte all’ingresso dello stesso e lo sguardo perso nei meandri dello spazio. Gli avvenimenti degli ultimi giorni pesavano parecchio sulle sue spalle, al punto che sentiva il profondo desiderio, il profondo bisogno di allontanarsi da tutto e da tutti, di staccarsi da quanto successo.
Certo, erano riusciti a uscire vittoriosi dallo scontro del sistema Chin’toka, ma il collasso del Tempio Celeste e il fatto che Jadzia avesse rischiato di morire solo perché si trovava nel posto sbagliato, al momento sbagliato, lo aveva completamente destabilizzato. Se a ciò si aggiungeva pure il più che giustificato timore dei bajoriani riguardante l’essere rimasti abbandonati dai Profeti, motivo per il quale si rivolgevano al proprio Emissario, l’uomo si sentiva totalmente impotente.

A ben poco era servito parlare con la giovane Consigliere Trill Ezri Tigan, rimasta sulla stazione dietro sua precisa richiesta per affiancare il Tenente Comandante Worf nel suo processo di “accettazione” di quanto successogli da quando aveva rimesso piede sulla base immediatamente dopo lo scontro presso il sistema di Chin’toka. Sebbene il Guardiamarina fosse piuttosto abile nel proprio lavoro, pur non avendo ancora concluso il periodo di praticantato/tirocinio che ci si aspettava completasse una volta uscita dall’Accademia, Sisko non riusciva a trovare la pace, la quiete che cercava.
Aveva provato più e più volte a contattare i Profeti, a cercare un confronto con gli alieni che vivevano all’interno del Tempio Celeste, anche un conforto, ma senza un effettivo successo. Era stato visitato nei propri alloggi, poco prima della partenza, da una visione proprio dai Profeti, che gli avevano espressamente richiesto di non andare su Cardassia. Richiesta che lui aveva disatteso, obbedendo agli ordini dell’Ammiraglio Ross. E ora, complice anche un attacco da parte di Dukat, qualcosa di particolarmente grave doveva essere successo, al punto che i Profeti sembravano aver girato le spalle al popolo bajoriano.

Ed è colpa mia, si ritrovò a pensare, tutta colpa mia. Se solo li avessi ascoltati, Jadzia non avrebbe rischiato di morire per mano di Dukat e i Profeti non avrebbero abbandonato il proprio popolo eletto. Non avrebbero abbandonato me. Ho fallito come Emissario… e sebbene Jadzia sia sopravvissuta, cosa di cui sarò eternamente grato, mi sento di aver fallito, per la prima volta in vita mia, come Ufficiale della Flotta.Forse ho bisogno di tempo per pensare, rifletté mentre puntava i piedi a terra affinché la poltrona si potesse girare e, di conseguenza, lo portasse ad avere di fronte il terminale collocato sulla propria scrivania. Mi aiuterebbe a chiarire tutta la situazione, a farmi riflettere per davvero. Ma… non posso farlo qua, non ora. Ho bisogno di andarmene, di cambiare aria… e di trovare una via per risistemare le cose.
Con un paio di tocchi lo schermo si accese, permettendogli di accedere e di compilare una richiesta di congedo prolungato dal servizio attivo e dal fronte, spiegando in parte le necessità e le motivazioni che lo avevano spinto a prendere quella decisione; dopo un ultimo controllo al documento, per assicurarsi che tutto fosse in ordine, lo inviò al Comando della Flotta Stellare sulla Terra.

*

Il Tenente Comandante Worf, Ufficiale addetto alle Operazioni Strategiche di Deep Space 9, era completamente fuori di sé. Dalla partenza di Dax, ma in realtà fin da quando avevano avuto quella spiacevole conversazione dalla quale si era poi giunti al divorzio, l’imponente Klingon non riusciva a raccapezzarsi con quella piega degli eventi.
Erano ormai giorni che si rifiutava di vedere il Consigliere Tigan, preferendo rinchiudersi nella sala ologrammi dove girava costantemente il programma che simulava il locale di Vic Fontaine nella Las Vegas degli anni Sessanta, programma realizzato qualche mese prima dal Dottor Bashir e che aveva conquistato tutti gli ufficiali della base.
A causa delle ire del Klingon perfino la band del cantante, chiaramente ignara del fatto di essere composta da ologrammi e non da individui in carne e ossa, voleva licenziarsi e lasciare il locale.

L’ingresso della sala ologrammi apparve brevemente a disturbare l’omogeneità dell’ambiente, permettendo a una figura minuta avvolta in una divisa della Flotta di entrare all’interno del casinò, chiudendosi poi un istante più tardi. Il Guardiamarina Ezri Tigan si guardò attorno, perplessa, prima di individuare Fontaine avvicinarlesi e prenderla da parte un attimo, mormorando: «Per fortuna è qui, Guardiamarina. Ormai Worf non fa altro che terrorizzare i clienti… e i miei ragazzi vogliono andarsene!»
La giovanissima donna alzò entrambe le mani, frenando il torrente di parole del cantante: «Sono qua per questo, Vic. Visto che, per l’ennesima volta, il Comandante Worf non si era presentato all’appuntamento, ho pensato fosse giunto il momento di risolvere la questione con maniere meno… tradizionali.»

Detto ciò, lasciò l’ologramma per dirigersi verso il Klingon, seduto al banco con un bicchiere di quello che pareva essere liquore di fronte a sé. Mentre si avvicinava, sospirò. Sarebbe stato un lavoro lungo e faticoso, ma avrebbe prodotto di certo risultati importanti se portato avanti con un minimo di pazienza. Non aveva intenzione di cedere di fronte alle prime avversità solo perché si ritrovava a che fare con un Klingon.

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